Le consulenze finanziarie accompagnano la maggior parte delle decisioni d’investimento degli italiani. Non sempre, però, portano a risultati soddisfacenti: dopo cinque o dieci anni, molti risparmiatori raccontano rendimenti marginali o addirittura perdite.
Non è solo “sfortuna di mercato”: spesso è l’effetto di scelte viziate da conflitti di interesse, prodotti standard e poca trasparenza sui costi. Capire come funziona la consulenza tradizionale e quali alternative esistono è il primo passo per tornare a governare il proprio patrimonio.

Il problema dei portafogli preconfezionati
Nelle consulenze finanziarie bancarie, la personalizzazione è spesso di facciata.
Il questionario di profilazione, invece di essere un’indagine profonda su obiettivi, redditi, nucleo familiare, orizzonte di vita e propensione al risparmio, si riduce a un adempimento formale.
Così migliaia di clienti, con storie e bisogni diversi, finiscono in quattro cassetti (prudente, bilanciato, dinamico, aggressivo) ricevendo la stessa combinazione di fondi e polizze. L’impatto è evidente: il sessantenne che deve proteggere il capitale e il trentacinquenne che può permettersi volatilità vengono trattati allo stesso modo. La qualità degli esiti ne risente.

Conflitti di interesse: la radice nascosta
Le consulenze finanziarie collegate a banche o reti sono remunerate attraverso commissioni sui prodotti collocati (ne abbiamo parlato in questo articolo).
Più lo strumento è costoso, più la struttura incassa. Ne deriva un’inclinazione sistemica a proporre ciò che conviene a chi vende, non a chi compra. Polizze unit linked e fondi a gestione attiva sono casi emblematici: doppio strato di costi, vincoli e rendimenti netti compressi. Anche senza malafede, il sistema resta in conflitto con l’interesse del cliente.

Opacità sui costi: paghi, anche se non vedi la fattura
Molti pensano che la consulenza in filiale sia gratuita, perché non esiste una parcella diretta. In realtà si paga dentro i prodotti: commissioni di ingresso, gestione, performance, spese amministrative, trading.
Un totale che può salire oltre il 2–3% annuo. Su 100.000 euro per 20 anni con un 5% lordo annuo, la differenza tra costi zero e 2,5% annuo può superare i 100.000 euro di capitale finale. Un effetto che pochi percepiscono finché non lo misurano.
Fondi comuni e complessità artificiale
I fondi comuni offrono diversificazione e accesso professionale, ma spesso con costi elevati e performance inferiori agli indici sul lungo periodo. I fondi di fondi applicano costi su più livelli. Le polizze finanziarie vendute come “protette” contengono in realtà rischio di mercato e commissioni elevate. La complessità diventa un velo: se non capisci, non confronti; se non confronti, non cambi.
KID: tre pagine che fanno la differenza nelle consulenze finanziarie
Il Key Information Document è lo strumento più semplice per leggere costi, rischio e scenari. Molti lo firmano senza leggerlo, ma in quelle tre pagine c’è tutto: rischio da 1 a 7, costi in percentuale e in euro, scenari sfavorevoli e favorevoli. Due fondi obbligazionari apparentemente simili possono differire tra 1,8% e 0,3% di costi annui: nel lungo periodo significa decine di migliaia di euro.

Miti da smontare nelle consulenze finanziarie
“La banca è sempre al mio fianco”: il consulente collegato risponde agli obiettivi della banca. La fiducia personale non elimina il modello di incentivi.
“Bisogna sempre aspettare”: dire “aspetta” sia in perdita sia in guadagno è una non-decisione che mantiene i costi. Ogni caso va valutato.
“Le azioni delle banche sono sicure”: essere cliente non equivale a essere azionista. Il deposito è un credito con tutele; l’azione è rischio d’impresa.
“Per guadagnare serve un grande capitale”: la leva più potente è il tempo con l’interesse composto. Anche piccole cifre, con costanza, fanno la differenza.
“Le polizze bancarie sono vantaggiose”: come investimento, spesso no; hanno costi alti e benefici assicurativi minimi. Meglio separare assicurazione e investimento.

Integrazione tra mobiliare e immobiliare
In Italia l’amore per il mattone è profondo. Ma concentrare tutto negli immobili espone a scarsa liquidità, rischi di concentrazione e rendimenti netti spesso inferiori, considerati tasse, manutenzione e sfitto.
La finanza mobiliare (azioni, obbligazioni, ETF) offre diversificazione globale, liquidità e costi contenuti. L’approccio migliore non è scegliere, ma integrare: una base immobiliare per stabilità e una componente mobiliare per crescita e flessibilità.
Tre esempi pratici di consulenze finanziarie efficaci
- Riduzione dei costi: da fondi al 2% a ETF allo 0,3% su 200.000 euro per 20 anni: il risparmio commissionale può trasformarsi in oltre 50.000 euro netti in più.
- Disciplina: giovane investitore con -20% in un crollo: senza guida vende nel panico; con affiancamento ribilancia, e due anni dopo è a +15% rispetto all’inizio. La differenza non è il mercato, ma il comportamento.
- Diversificazione reale: imprenditore tutto in immobili che sposta 300.000 euro in un portafoglio globale di ETF: riduce il rischio concentrazione e ottiene liquidità e crescita.

Cosa rende “buona” una consulenza finanziaria
Trasparenza dei costi, assenza di conflitti, accesso all’intero mercato, piano personalizzato (non un profilo prestampato), monitoraggio nel tempo e educazione dell’investitore.
Le consulenze finanziarie davvero utili non promettono guadagni facili: costruiscono metodo, consapevolezza e serenità.
